domenica 9 febbraio 2014

Androids - Let it all out

Storie di band rimaste al confine per molto tempo, quella che si legano i finlandesi Androids sono le classiche vicissitudini che narrano di una compagine, e del loro disco di debutto che, pubblicato in un'epoca di transizione, ovvero l'inizio degli anni novanta, vide la luce dopo mesi e mesi di gestazione, grazie all'operato di una label indipendente che, com'è facile prevedere, non riuscì a garantire una degna distribuzione ad un disco che, naturalmente, era divenuto la classica reliquia in campo melodico.
Amatissimi nella loro terra natia, nella quale contano ancora un seguito di pubblico che non si è mai arreso, neanche di fronte all’evidenza dello split prematuro, ma sconosciuti, o quasi, nel resto d’Europa, gli Androids erano la classica formazione che reincarnava al meglio lo spirito e le sonorità dell'hair metal americano di fine anni ottanta, combinando alla perfezione una certa vigorosità espressiva ed avvincenti aperture melodiche, fra reminiscenze che sapevano in egual misura di Shotgun Messiah, quelli dei primi due dischi, Treat, Sha Boom e White Lion.
Scandi rock misto a contaminazioni Aor e class metal, ecco quanto di buono i cinque nordeuropei in questione avevano da offrirci, una band che poteva contare anche su di una presenza scenica di tutto rispetto, elemento che, naturalmente, si integrava alla perfezione con un song writing longilineo e pregno di momenti topici, contraddistinto da composizioni sensuali come la lussuriosa “Same As You”, contraddistinta da un suono caldo ed avvolgente, o della stessa title track “Let it all out”, che richiama alla memoria la sensualità dei Danger Danger dell’album di esordio, in un crescendo davvero emozionale.
Una produzione perfetta riusciva ad esaltare le atmosfere quasi pacate ed emozionanti tanto che la più tenue “When sun turn sto rain” da una parte, e quelle del potenziale hit single “Hard Loving Girl” dall'altra, fomentano ancor di più la predisposizione easy listening di un lavoro dotato di un airplay radiofonico compiutamente maturo.
Che dire, “Let it al out” è sicuramente un disco che merita di essere riscoperto, anche perché la precedente stampa in vinile è oramai introvabile, quindi quale miglior occasione se non quella di mettersi alla ricerca della versione in cd stampata qualche anno addietro dall'australiana Suncity records che, carte alla mano, potrebbe fare la felicità di ogni melodic rocker degno di nota?

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.