Capolavoro
assoluto, classico esempio di uno dei cinque dischi da portare su di
un'isola deserta, Tough It Out è un disco se non altro degno di
menzione, e che tutti gli hard rockers dovrebbero almeno rivalutare,
anche perchè gli autoiri di questo disco assoluto, ovvero gli inglesi
FM, big band che più d'ogni altri, se si eccettuano gli inossidabili
Shy, seppe riscostruire, e con un certo successo, il suono americano in
terra d'albione, arrivando a pubblicare una manciata di ottimi platters
che solo l'opera impietosa del fato ha saputo rilegare fra le memorie
sbiadite di molti instancabili romantici.
Già, questo Tough it Out
del 1989, rappresenta senza alcun dubbio il massimo sforzo a livello
economico che la Epic/Cbs era riuscita a mettere sul campo per spingere
la band sul mercato americano, un album che, dati alla mano, aveva tutte
le carte in regola per scalare le classifiche di vendita e di
gradimento, potento contare su di una produzione sfavillante ad opera
del mago Neil Kernon, il mixaggio di Nigel Green (Def Leppard), nonchè
sul contributo a livello di songwriting del buon Desomnd Child, della
coppia formata da Judith e Robin Randall (Starship), nonchè sull'operato
del sapiente paroliere Jess Harms (Eddie Money), ma che, con il senno
del poi, fallì irrimediabilmente nel suo intento.
Eppure gli FM non
erano dei novellini all'epoca, ma una band di tutto rispetto formata per
lo più da veterani della scena Hard'n Heavy britannica come i fratelli
Overland, entrambi ex Wildlife, il bassista Merv Goldsworthy (ex Diamond
Head e Samson) ed il funambolico batterista Pete Jupp (Samson),
musicisti che sapevano come attrarrele simpatie degli amanti del rock
melodico, grazie a prestazioni sempre e comunque al di sopra della
media, riuscendo a convincere anche i più scettici, in un album che
concatena un numero impressionante di anthem impressionanti. Infatti,
l'AOR venato di propensioni melodic rock di Tough it Out, si riallaccia
al sound di veri e propri pionieri come gli Asia, Night Ranger, o ancor
meglio dei Foreigner e Journey, ridisegnando, in parte, nuovi orizzonti
espressivi, risaltati da uno spelndido lavoro di songwraiting di scuola
americana, naturalmente, e da arrangiamenti mai troppo ridondanti, in
cui sia le chitarre del buon Chris Overland che i tasti cromati del
tastierista Didge Digital, si ritagliano lo stesso spazio.
Elementi questi che portano alla costituzione di piccole gemme naturali
come nel caso della frizzante Obsession, il mid tempo cromato di Bad
Luck che richiama i Boston di Third, o la stessa splendida title track,
un brano abbastanza orientato verso sonorità high tech, l'hit da
classicfica Someday, ripresa in un secondo momento nientemeno che da
Mark Free per il suo album da solista, e che richiama il Micheal Bolton
più rock, grazie alla voce calda ed espressiva di Steve Overland, che
nonostante si muova sempre e comunque su di un registro canoro molto
asettico, riesce sempre e comunque ad emozionare come nel caso della
suadente ballad Everytime I Think of You molto suadente ed evocativa.
Insomma, un must per tutti gli amanti del genere melodico, per anni
introvabile nella sua prima tiratura su major, anche perchè fuori
catalogo, è da poco tornato disponibile in versione rimasterizzata e con
l'aggiunta di qualche bonus track, perciò quale occasione più ghiotta
di tentare di farsi emozionare lasciandosi cullare sulle note cromate di
questo classico esempio di arte contemporanea riversata su pentagramma?
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